L'arte sulla punta di un dito
Il termine che deriva da quello antico di pittura eseguita sull’intonaco “a fresco” (cioè ancora bagnato), serve a definire una tecnica che si vale dei colori sciolti nell’acqua ed applicati direttamente sulla parete appositamente preparata. Il cosiddetto affresco “a secco” praticamente identificabile con la tempera su muro, è quello che si effettua sull’intonaco già essiccato, ma di solito si deteriora assai rapidamente. Quello che era invece chiamato il “buon fresco” viene realizzato dapprima ponendo sulla parete bagnata uno o più strati di “arricciato” (impasto composto da due parti di sabbia e una di calce spenta) ruvido, su cui si traccia a carboncino o sanguigna il disegno (sinopia) per avere un’idea del futuro dipinto ed apportare eventuali correzioni al cartone. Quindi si sovrappone uno strato di intonaco (sabbia silicea, calce spenta grassa e polvere di marmo impastata con acqua pura) che, asciugando lentamente e fondendo i propri componenti, diviene durissimo e fissa i colori, incorporandoli. A causa di motivi climatici, l’affresco si deteriora assai più nelle regioni nordiche, fredde e umide. Anche per questo, il centro di fioritura dell’affresco fu l’Italia, dove già nei tempi antichi gli etruschi (ipogei), i romani (Pompei) ed i cristiani (catacombe) ne avevano lasciato preziose testimonianze. Senza che la pratica ne venisse mai del tutto interrotta, essa riprese con estremo vigore sul finire del Duecento e dal Trecento in poi attinse a risultati eccezionali. Si dedicarono all’affresco recandolo alle sue massime altezze estetiche Giotto, Masaccio, Piero della Francesca, Michelangelo, Raffaello, Paolo Veronese, Pietro da Cortona, Tiepolo, ecc.