Con un investimento di oltre 22 milioni di euro inaugura a Classe – frazione di Ravenna nota per la Basilica intitolata a Sant’Apollinare – un grande museo archeologico dedicato alla millenaria storia del territorio. Tra scavi, ricerche e allestimenti tecnologici
2.600 metri quadrati di area espositiva circondati da un’oasi verde di 15.000, per un racconto visivo – una Linea del tempo – che include un arco storico che va dal V secolo a.C. al 1000 d.C. È un progetto ambizioso Classis Ravenna, il nuovo Museo della Città e del Territorio che custodirà e racconterà la storia antica di Ravenna, dall’era preistorica a quella medievale, che inaugurerà a Classe – frazione della città romagnola celebre per la Basilica intitolata a Sant’Apollinare Patrimonio dell’Umanità Unesco – il prossimo 1 dicembre. Il nuovo museo rientra nell’ambito del complesso progetto – promosso dal Comune di Ravenna, la Regione Emilia-Romagna, il Ministero dei Beni Culturali e la locale Fondazione Cassa di Risparmio – di ristrutturazione dell’ex zuccherificio di Classe, adesso riconvertito a museo, polo di studio e ricerca e centro votato alla valorizzazione e alla promulgazione della cultura del territorio.
DA EX ZUCCHERIFICIO A MUSEO
Nei primi decenni del Novecento a Classe sorgeva una fabbrica in cui 600 operai trasformavano tonnellate di barbabietole in zucchero che, per nave o per ferrovia, veniva distribuito in tutta Europa. Ma nel 1982 lo zuccherificio dovette chiudere e, con l’abbandono della produzione, venne abbandonato e dimenticato anche il complesso industriale, diventando così un ricettacolo di degrado ed emarginazione. Almeno fino agli Novanta, quando l’amministrazione comunale della città decide di ristrutturare l’ex fabbrica per riconvertirla a museo, trasformando così un enorme problema in una fondamentale risorsa per il futuro della città. Per il progetto di ristrutturazione e realizzazione del nuovo museo sono stati stanziati oltre 22 milioni di euro. La progettazione del nuovo Classis Ravenna è stata affidata all’architetto Andrea Mandara, che ha operato al servizio di un comitato scientifico coordinato dal prof. Andrea Carandini. “Sono molti gli attori di questo progetto, metterei al primo posto – seguendo un ordine cronologico – l’amministrazione del Comune di Ravenna, che aveva un grosso problema, ovvero un ex zuccherificio dismesso che era diventato un luogo di degrado cittadino, decidendo di recuperarlo per farne un museo”, spiega ad Artribune Giuseppe Sassatelli, presidente della Fondazione Ravenna Antica, cui il Comune ha demandato la realizzazione e la gestione del nuovo museo, insieme a quelle dell’Antico Porto, della Basilica di Sant’Apollinare e, nel cuore di Ravenna, della Domus dei Tappeti di Pietra, il Museo TAMO e la Cripta Rasponi.
“Alla base di questo progetto è dunque l’accostamento di un edificio moderno che diventa contenitore di qualcosa di antico”, continua Sassatelli, “ma non si tratta di un museo che raccoglie ‘solamente’ materiali recuperati dagli scavi, ma di un museo della città e del territorio che vuole ricostruire la storia di Ravenna e di Classe in un arco cronologico che va dal periodo etrusco fino al 1000 d.C.; si tratta quindi di una storia raccontata attraverso i materiali archeologici. Ciò significa fare una scelta dei reperti che esemplifichino le grandi fasi storiche di Ravenna – l’operazione più difficile –, spieghino, illustrino e chiariscano i grandi snodi storici della città, mettendoli insieme in modo che essi siano il racconto”. La linea del tempo, che segna il percorso di visita a Classis Ravenna, avrà quindi negli oltre 600 reperti il perno della narrazione, per coprire il periodo storico che va dall’epoca preromana all’anno Mille: Le origini: storia e leggenda. Ravenna tra Etruschi e Umbri; Età romana. Una palude, una flotta, una città; Età tarda e imperiale – Centro del potere e crocevia dei commerci; Ravenna e Teodorico (493-526); Ravenna e la conquista bizantina (540) sono le sezioni in cui è suddivisa La linea del tempo e del racconto della storia del territorio ravennate. Alcune volte saranno elementi singoli di particolare importanza ad avere il ruolo di protagonisti; altre invece saranno gruppi di oggetti, come nel caso del porto di Classe, che può essere illustrato ampiamente grazie alle centinaia di reperti rinvenuti negli ultimi scavi. Gli oggetti della vita quotidiana (anfore, ceramiche, monete) troveranno uno spazio adeguato, accanto ai materiali più significativi dal punto di vista artistico (statue, mosaici ed altro). In questa maniera sarà possibile articolare un racconto che consideri tutte le sfere della comunità e le differenti fasce sociali presenti in città e nel territorio. Sulla linea del tempo si innestano poi alcune di “aree di approfondimento” su temi specifici, come Ravenna e il mare, Pregare a Ravenna, Abitare a Ravenna, San Severo: dalla villa al monastero e La Fabbrica, focus, quest’ultimo, dedicato alla storia dell’edificio in cui sorge il museo.
Nell’allestimento, particolare attenzione è dedicata agli apparati didattici ed illustrativi, con ricorso a ricostruzioni grafiche e tridimensionali, filmati, plastici che “renderanno ancora più appetibile questo racconto”, continua Sassatelli. Tutti strumenti che accompagneranno il pubblico, creando uno stretto rapporto tra la storia e i materiali archeologici esposti. In questo modo sarà possibile articolare una narrazione che consideri tutte le sfere della comunità e le differenti fasce sociali presenti in città e nel territorio. “Classis Ravenna non sarà un semplice ‘contenitore di materiali’, ma anche un attivo centro di ricerca e formazione di altissimo profilo”, sottolinea l’Assessore alla Cultura Elsa Signorino. “Qui ampi laboratori per lo studio e per il restauro consentiranno a docenti e studenti dell’Università di svolgere le loro attività nell’ambito dei loro percorsi formativi e di ricerca. Il nuovo museo permetterà la conoscenza e la valorizzazione dell’intero patrimonio storico archeologico del territorio attraverso un percorso espositivo innovativo, affascinante e rigoroso capace di coinvolgere e di emozionare i visitatori. Come tutti i musei contemporanei”, conclude Signorino, “svilupperà una molteplicità di funzioni: attività espositiva, di studio e ricerca, laboratori didattici, laboratori di inclusione digitale per la sperimentazione di start-up innovative. Il tutto con una forte vocazione al territorio”.
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