Cosa differenzia un’opera d’arte da un prodotto di design? Un oggetto d’uso realizzato da un artista può essere un’opera d’arte? Con queste domande i curatori, Barbara Bloemick e Joseph Cunningham, accolgono il visitatore in Design # Art. Functional object from Donal Judd to Rachel Whiteread, presso il Cooper – Hewitt, National Design Museum di New York.
Un percorso attraverso opere che nascono da concezioni e approcci differenti, scandito da aforismi rubati agli artisti stessi. Per Donald Judd la differenza tra arte e design sta nell’intento di chi realizza l’opera, mentre Scott Burton tenta di sintetizzare le due categorie creando oggetti utili ma, al contempo, intriganti e inusuali.
Richard Artschwager, in mostra con un orologio e una singolare poltrona di pelo, dichiara che il quid sta nell’utilizzo che si fa di un oggetto (“se ti ci siedi è una sedia, se ci giri intorno è una scultura”) – e John Chamberlain (che espone un sofà ed un servizio da tavola ricavato da pneumatici) virtualmente lo contraddice: “se l’arte non “serve” a niente pechè così tanta gente crede che Dio sia un vecchio con la barba lunga solo per aver visto il dipinto di Michelangelo?”
Le lampade di Jorge Pardo, Isamu Noguchi e Robert Rauschemberg, i bellissimi bicchieri di Sol Lewitt e Robert wilson, i salotti di judd e Richard Tuttle, il servizio di piatti di Dan Flavin, sono disseminati lungo il percorso che termina con l’opera Interacting with Creativity di Franz West, sintesi perfetta dell’intera mostra: un tavolo con due sedie su cui i visitatori sono liberi di attaccare frammenti di nastro adesivo. L’intervento di un artista può agire sulla natura di un oggetto d’uso quotidiano e tramutarlo in opera d’arte? E dov’è il confine? Il quesito, volontariamente insoluto, è l’eredità consseganta al visitatore divertito, incuriosito, e inevitabilmente spiazzato.
Chiara Tiberio
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