Di falsi d’autore è piena la storia. E le tecniche per smascherare un quadro non autentico sono diventate sempre più raffinate e precise con l’ausilio della tecnologia e della scienza: oggi si avvalgono di sofisticati software, di tecnologie computeristiche, di scambi di immagini e d’informazioni serratissimi via web. E così fioriscono i siti che sono in pratica dei marketplace per i falsi, i siti che aiutano a scoprirli, i siti che guidano nel dipingerli. Tutto un demi-monde che trova su Internet la sua massima esaltazione.
Vediamo un po’ di storia. Tra i più importanti “falsari” dell’arte italiana c’è Icilio Federico Joni nato nel 1866 da madre sola. Dopo aver trascorso l’infanzia tra una famiglia adottiva e l’altra, si trovò adolescente e con una passione: la pittura. Iniziò così una carriera brillante con un unico “neo”: i suoi quadri erano false riproduzioni di antichi autori. In realtà il giovane artista raramente copiava soggetti già dipinti da altri. La sua specialità era quella di riprodurre quadri antichi con la stessa tecnica usata dai primitivi italiani del tre-quattrocento. E tale era la sua bravura, che le sue tele erano richiestissime. In realtà proprio a Siena che in questi giorni ospita una mostra dal titolo “Falsi d’autore: Icilio Federico Ioni e la cultura del falso tra otto e novecento” si sviluppò una vera e propria scuola, oggi giudicata dagli studiosi come «fenomeno della falsificazione d’arte antica che attraversò l’Europa tra il diciannovesimo ed il ventesimo secolo». Ioni scrisse anche una sua biografia che venne da molti osteggiata in quanto «contribuì ad accrescere i sospetti che dietro ad ogni quadro proveniente da Siena si nascondesse la mano di Ioni. Il suo nome divenne ricettacolo attributivo di ogni antica tavola a tempera su fondo oro sospetta e finì per diventare simbolo di falso».
Oggi, a differenza di ieri, è ovviamente molto più facile smascherare l’inganno di una tela falsa. «Naturalmente – spiega Giorgio Bonsanti ordinario di Storia e tecnica del restauro all’università di Firenze – ci sono varie scuole e tantissimi strumenti per arrivare a scoprire se un quadro è falso o meno. Io personalmente svolgo più indagini alla Sherlok Holmes, ma la strumentazione attuale arriva là dove prima non era pensabile. Fino a metè dell’800 scoprire un falso era pressoché impossibile. Oggi la scienza e la tecnologia hanno fatto passi da giganti nel settore ed è praticamente impossibile spacciare per vero un quadro falso». Se quindi nel passato le uniche strumentazioni per smascherare un falso erano le ricostruzioni stilistiche o i particolari più piccoli, oggi la tecnologia ha assunto un ruolo sempre più forte nell’aiutare le indagini. «Fino a qualche tempo fa – spiega Ezio Buzzegoli, restauratore dell’Opificio Pietre dure di Firenze – non si conoscevano tecnologie non distruttive (quelle che prevedono comunque un raschiamento della tela). Oggi è possibile fare investigazioni non distruttive». Quali sono gli strumenti più importanti? «Possiamo parlare di metodiche – risponde Buzzegoli – a partire dalle investigazioni nel campo infrarosso, alla fluorescenza ultravioletta all’utilizzo della luce di wood. Oggi è possibile determinare la provenienza dei pigmenti e dei colori, utilizzare macchine fotografiche particolari che registrano i falsi colori, la fluorescenza». E a furia di parlarne alcuni falsari come Joni o come Umberto Giunti (1886-1970), pittore che è riuscito a vendere le sue tele spacciandole per Botticelli, si sono costruiti un pubblico di collezionisti. Mentre i falsi d’autore che vengono venduti nelle gallerie hanno costi che si aggirano intorno ai 1500 euro, i “maestri” della scuola senese hanno raggiunto quotazioni che vanno dai 30 ai 40 mila euro. Niente male per dei falsi.
Renata Fontanelli, Affari & Finanza – La Repubblica
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