Il Comune di Mosca paga i giovani che disegnano sui muri: migliorano lo squallore del realismo socialista
L’idea del sindaco Luzhkov. Coinvolti più di un centinaio di adolescenti
MOSCA – Per dire addio allo squallore comunista, Mosca si affida alla creatività dell’Occidente post-industriale. Cacciati e condannati a Londra e Berlino, ma pure in Italia, nella capitale ex sovietica i graffitari vengono invece assunti dal Comune.
L’idea è venuta al sindaco Yuri Luzhkov. Scorrendo gli elenchi interminabili dei giovani moscoviti che ogni settimana venivano multati per aver imbrattato palazzi, autobus e treni, l’ex sfidante del presidente Vladimir Putin ha deciso di usare la loro voglia di esprimersi per cancellare il grigiore che ancora domina gli sterminati e indistinguibili quartieri di una metropoli da oltre 15 milioni di abitanti. È nato così “Progetto Fabbrica”, il primo accordo tra un municipio e la bande dei ragazzi di strada.
Un centinaio di adolescenti, dopo aver sostenuto un test artistico, ogni mattina raggiunge le circoscrizioni e ritira pennelli e barattoli di colore. Poi si mette diligentemente all’opera, seguendo una mappa comunale con gli elenchi di palazzoni, ex industrie, stazioni, ponti e sottopassi da rendere meno angoscianti. Una sola condizione, posta dai graffitari al sindaco: essere liberi di dipingere ciò che vogliono, compresi soggetti che denunciano le disperanti ingiustizie che ancora devastano la Russia post-sovietica. Per il resto, impiegatizia puntualità, paga da fame e dannata fantasia.
Il primo esperimento, nei famosi “stagni del patriarca” dove Bulgakov ha ambientato Il maestro e Margherita, è stato un successo. Il Comune ha chiesto ai graffitari di reinterpretare decine di panchine in rovina, come tutto ciò che nell’ex Urss è affidato ai servizi pubblici. È nata una inedita opera d’arte a tappe, uno straordinario percorso bulgakoviano che, panchina dopo panchina, denuncia il ritorno della mentalità sovietica nel Paese.
Il caso, scoppiato sui giornali più ossequiosi verso il Cremlino, non ha fermato il progetto-graffiti. Forte di un sondaggio secondo il quale l’80% dei moscoviti considera la città “potenzialmente bellissima ma realmente orribile”, Luzhkov ha rilanciato. Altri 200 artisti- murali sono stati assunti nel progetto “Gioco del terzo millennio” e sguinzagliati nelle periferie. Risultato: fine delle scritte scurrili e metamorfosi dell’incubo in sogno. Il muraglione della centrale elettrica è diventato un bosco di betulle, il tunnel autostradale di Syromjatniceskij un cielo che si confonde con l’orizzonte. Sui casermoni del distretto Basmannij sono comparse discoteche hi-tech, scarpe-automobili volanti, giungle tropicali e realtà virtuali vomitate da tivù e computer. Una trentina di sottopassi di cemento sono ormai mostre-stabili di arte contemporanea.
Nei fine settimana la folla di visitatori è tale che già galleristi e pittori delle avanguardie adottano gli spazi affrescati dai graffitari per estemporanee esposizioni. Un’agenzia privata sta per distribuire una guida ai graffiti della capitale, con tanto di percorso e accompagnatori. Pezzo forte, i “khrusciovki” di Cerjomuski. Nel quartiere operaio a sud di Mosca una ventina di palazzoni dell’era Khrusciov, trenta metri quadri per famiglia, sono stati trasformati in altrettanti animali. Chi abitava in luridi cubi di laterizio, è ospite ora della pancia di un ippopotamo, o vive aggrappato al collo di una giraffa, oppure vola sulle ali di una cicogna, o galoppa sul dorso un destriero.
Una visione straordinaria, nell’insieme, e già i taxisti propongono la visita “allo zoo più grande del mondo”.
La febbre del graffito è tale, mentre in città stanno sorgendo 32 grattacieli in vetro di oltre 50 piani e sono in progetto 178 torri alte più di 300 metri, che il Comune ha deciso di concedere ai giovani anche i “muri sacri” della splendida metropolitana realizzata da Stalin. Ogni stazione affronterà un problema di oggi, collegato ai temi di mosaici e dipinti di regime dell’epoca sovietica. Dal socialismo reale al post-capitalismo creativo.
Giampaolo Visetti
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