E’ in distribuzione il libro di Pablo Echaurren Chiamatemi Pablo Ramone, per la collana “Illustorie. Racconti a fumetti” delle edizioni Fernandel.
Presentazione ufficiale del libro a Roma il 24 maggio, all’auditorium Parco della Musica, nel corso dell’inaugurazione (ore 12:00 per la stampa, ore 19:00 per il pubblico) della mostra di Pablo dedicata ai Fast Four, con esposizione di oltre venti opere recenti ispirate ai Ramones. Sarà presente (alle 19:00), Marky Ramone.
Con una scrittura divertente e pirotecnica, e attraverso fotografie e illustrazioni realizzate in loro onore, Pablo Echaurren, auto-ribattezzatosi “Ramone”, indica quale bacino di ispirazione e traspirazione possano essere i “Fast Four”, con una personale e originale riflessione sulle connessioni tra alto e basso, tra arte popolare e cultura d’avanguardia. «Perché i Ramones sono molto di più di un gruppo punk rock. Sono letteratura, pittura, teatro, provocazione, filosofia, rumore, melodia… in una parola: stile»
Pablo Echaurren è stato intervistato da Tiziana Lo Porto, per la rivista “La Repubblica delle Donne” del 15 aprile scorso:
Racconta Dee Dee Ramone nella sua bella autobiografia Poison Heart. Surviving The Ramones (scritta con Veronica Kofman, pubblicata negli Usa nel ’97 e inedita da noi) che il primo a farsi chiamare Ramone non era stato nessuno della band. Paul Ramone era infatti il nome di battaglia che si era dato Paul McCartney una decina di anni prima, quando i Beatles si chiamavano Silver Beatles e John Lennon si faceva chiamare Johnny Silver. Facendo eco a Paul, Douglas Colvin era così diventato Dee Dee Ramone, bassista della prima punk band della storia: i Ramones. Insieme a lui adottarono il cognome Ramone gli altri membri della band: Joey, Johnny e Tommy. E poi, ancora (nelle formazioni successive): Marky, Richie, Elvis e C.J. Un’infilata di Ramones, a cui si aggiunge in questi giorni l’eclettico artista Pablo Echaurren con il brillante pamphlet illustarto Chiamatemi Pablo Ramone e con la mostra Pablo Echaurren – Al ritmo dei Ramones (curata da Achille Bonito Oliva) che apre all’Auditorium di Roma il 24 maggio alla presenza di Marky Ramone. «Per me i Ramones», spiega «non solo rappresentano la musica che amo di più e che ascolto costantemente, ma sono una sintesi assoluta di tutte le arti: fumetto, musica, teatro, arti visive. I loro jeans hanno una qualità estetica che non ha nulla da invidiare ai sacchi di Burri, e il loro marchio, l’aquila con la mazza da baseball, è un esempio perfetto di ready made modificato alla Duchamp. Musicalmente sono tra quelli che sostengono che ci sono stati i Beatles nei ’60 e i Ramones nei ’70, e che tutto il resto sono stati solo effetti collaterali».
Riportiamo integralmente la postafazione del libro, a firma Paolo Camanzi (Kamanzy), che cura anche il sito www.ramonestory.it:
«Come dichiarato dallo stesso autore, “Chiamatemi Pablo Ramone” non si occupa della storia in lingua italiana dei Ramones. Non intende essere una cronaca dall’anno zero, ma rappresenta un omaggio ai Fast Four, un “rendere loro giustizia” per quello che hanno rappresentato per il movimento musicale mondiale, per aver “aperto la strada” ed aver dimostrato al mondo intero che era possibile osare, anche se la tecnica era quella che era, anche se si era fuori dal “giro che conta”, anche se non ci si adattava a quello che voleva il mercato.
Si tratta di un’opera fuori dalle righe, come chi l’ha scritta. Immediata e diretta, come erano i Ramones, che hanno detto tutto quello che dovevano dire con la magica formula del “3×2” presa a prestito dal marketing, tre accordi per due minuti, senza giri di parole e senza discorsi logorroici.
La band tenne i primi concerti fuori dagli Stati Uniti nel 1976, in terra inglese, davanti al gotha della scena musicale dell’epoca (Joe Strummer, Mick Jones, Johnny Rotten, Sid Vicius e via di seguito) e proprio in Inghilterra, la notte di San Silvestro del 1977, i Ramones registrarono It’s Alive, da molti considerato uno dei più grandi concerti della storia del rock, che divenne un punto di riferimento per la velocità di esecuzione dei brani. Ebbene, in quella notte del 31 dicembre di tanti anni fa, davanti al pubblico del Rainbow Theatre di Londra, pronti per la registrazione del loro primo live ufficiale, proprio in quella terra straniera che molti ritengono essere la culla della musica internazionale, i Veloci Quattro avrebbero potuto cadere facilmente nella trappola dei discorsi ampollosi di autoinvestitura e di autocelebrazione, loro, che avevano mostrato qualche anno prima la retta via al nuovo movimento emergente. E invece, come inizia il concerto? Con un semplice, diretto ed immediato: “Hey… Siamo i Ramones e questa è Rockaway Beach” e via con la prima di ventotto canzoni, una di seguito all’altra, senza retorica e senza perdere tempo, come se dovessero finire l’intero concerto prima dello scoccare della mezzanotte, per evitare di trasformare in zucche il microfono, la chitarra, il basso e la batteria. Questi erano i Ramones.
Pablo è immediato e diretto come loro, oltre ad esserne veramente invaghito, come pochi di noi, per sua stessa ammissione: “Io ascolto i Ramones 24 ore su 24 in loop, praticamente. Anche se c’ho una certa età. Oramai. Per me sono al numero 1 e quando lo professo in pubblico pensano che sia una provocazione, così tanto per dire. Ma non è. E’ purissima verità”.
Molti sono i personaggi più o meno famosi che hanno professato pubblicamente il loro apprezzamento per i Ramones, ma per Pablo si tratta di una fede, di un credo, di un vero e proprio “tormentone”. Fino a pochi anni fa, era molto difficile trovare materiale in lingua italiana che parlasse della band e che non fosse la solita enciclopedia del rock. Negli ultimi tempi le cose sono cambiate, grazie anche all’opera di personaggi come lui, che non perdono occasione per parlare pubblicamente di chi, con jeans stracciati, chiodo e scarpe di tela, ha “cambiato irreversibilmente il pop”, per usare le parole del critico musicale Jon Savage.
L’opera di proselitismo di Pablo è talmente forte che gli abbiamo dedicato un posto di riguardo all’interno di RAMONEStory.it, raccontando in una pagina tutta sua il rapporto dell’artista con il mondo del quartetto di New York. Il titolo della pagina a lui dedicata spiega già tutto: Il ramonestormentone di Pablo Echaurren».
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