Investire in arte contemporanea? No grazie. Fino a pochi anni fa le collezioni delle grandi banche italiane, composte soprattutto da dipinti antichi e da opere di maestri del primo Novecento non si azzardavano ad avventurarsi nel territorio più delicato dell’arte d’oggi. Nessuno investiva negli artisti viventi, e meno che mai negli emergenti. Così, a parte il caso, assai nobile e lungimirante, della Fondazione Crt, che concede un’importante somma di denaro ai maggiori musei d’arte moderna di Torino, la Galleria d’Arte Moderna e il Castello di Rivoli, per ampliare le loro collezioni, le altre banche italiane si tenevano ben lontane dal contemporaneo. Ma da qualche tempo qualcosa è cambiato, e le nostre banche hanno cominciato ad affrontare la sfida del contemporaneo con coraggio e serietà. E’ il caso dell’Unicredit, che nel 2004 ha avviato il progetto “Unicredit & l’Arte”, finalizzato alla messa a punto di una vera e propria strategia di intervento nel settore dell’arte d’oggi. Strategia che trova il suo punto di forza nella creazione di una collezione in grado di sostenere l’attività dei giovani artisti italiani, che attualmente comprende 150 opere realizzate da 50 artisti, accuratamente selezionate da una commissione scientifica di cinque membri, presieduta da Walter Guadagnini.
«Si tratta di un progetto capace di dialogare con l’attualità — spiega Guadagnini — che trova uno dei suoi fulcri nella ricerca fotografica, il linguaggio più aderente all’attualità». Affiancata alla collezione di arte antica, che comprende 15.000 opere collocate nelle diverse filiali e nella quadreria del palazzo Magnani di Bologna, questa raccolta punta invece sull’arte attuale, considerata una delle espressioni più dinamiche della cultura del terzo millennio. Così, tra le opere acquistate dall’Unicredit troviamo i lavori su carta di Stefano Arienti, i paesaggi metropolitani fotografati da Botto & Bruno, le videoinstallazioni di Grazia Toderi, le sculture in legno combusto di Nunzio e i dipinti in cera di Domenico Bianchi. Una collezione meglio articolata e di taglio più ampio rispetto a quella avviata nel 2000 dalla Bnl, curata da una commissione di critici e artisti presieduta da Enzo Bilardello e promossa dall’amministratore delegato di allora, Davide Croff. In questo caso si tratta prevalentemente di opere realizzate con tecniche tradizionali, come pittura e scultura, mentre assai più rara è la presenza della fotografia. Inoltre la raccolta riunisce artisti delle ultime generazioni di ambito soprattutto romano, come Giacinto Cerone, Roberto Almagno, Maria Dompé, Alessandra Giovannoni e Adrian Tranquilli.
Insomma, se i primi passi sono stati fatti, la strada per raggiungere le collezioni di contemporaneo avviate da altri paesi europei è ancora lunga. Eppure, gli esempi più interessanti vengono da un paese molto vicino a noi, la Svizzera, dove istituti bancari prestigiosi come l’Ubs hanno avviato da trent’anni una collezione di tutto rispetto, esposta in musei del livello del Moma di New York e della Fondazione Beyeler di Basilea. Anche perché si tratta di opere di 198 artisti, quasi tutti di fama internazionale, che vanno da maestri storici come Jean Michel Basquiat, Willem de Kooning o Andy Warhol ad affermati artisti viventi, come Damien Hirst, Enzo Cucchi, Tony Cragg o Christo. Un’operazione di alta qualità seguita a ruota da quella di un’altra banca svizzera, la Bsi, che si avvale di un giovane critico italiano, Luca Cerizza, per selezionare gli artisti da collezionare. «A differenza dell’Ubs, noi chiediamo agli artisti di dare vita a progetti speciali da collocare negli spazi delle nostre filiali» spiega Cerizza. Costituita nel 2000, la collezione Bsi riunisce oggi 80 opere, molte delle quali commissionate appositamente dalla banca.
In questo modo nella filiale di Bologna sono stati collocate lavori a parete di Alighiero Boetti e una grande installazione dell’artista francese Daniel Buren, mentre a St. Moritz si possono ammirare opere dei maestri del Novecento, da Man Ray a De Pisis. Per le grandi sculture dell’inglese Tony Cragg sono stati scelti i saloni settecenteschi de palazzo Riva di Lugano, e i dipinti astratti dell’americano Peter Halley si possono ammirare nella filiale di Torino. In questo modo ogni filiale permette al pubblico non solo di approfondire il lavoro degli artisti, rappresentati da opere “sitespecific”, ma anche di dare vita ad una forma di investimento che va ben oltre il semplice acquisto di un’opera, per creare con l’artista un rapporto che assomiglia a quello dei grandi mecenati del passato.
Ludovico Pratesi – Affari&Finanza di Repubblica di lunedì 24 aprile 2006
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