Todos somos Ramones [almeno un po’]
Un’intervento di Pablo Echaurren sul settimanale “Carta”. Approfittando della sua “Ramonesmania”, Pablo Echaurren scrive ancora dei Fast Four nella sua rubrica “L’Ozio – Happening” nel numero di “Carta” del 12-18 maggio. Riportiamo di seguito l’intervento integrale.
Todos somos Ramones [almeno un po’]
C’è un Ramon, sue Ramones: tutti possono essere Ramones se pensano che l’arte sia una comunità di contiguità. Dagli antenati di Luther Blissett un’ispirazione di comunicazione
di Pablo Echaurren
«Continuo le mie considerazioni sull’arte d’avanguardia partendo da quella che mi sembra la vetta più alta raggiunta finora: i Ramones. E lo dico senza ombra di ironia alcuna. Sfido chiunque a smentirmi. Le implicazioni che dal loro operato derivano sono infinite come le vie del signore. Signore Ramones, ovviamente. Cominciamo da una.
L’arte contemporanea non è più incasellabile, cesellabile, è sfuggita alle definizioni a tavolino, ha rotto gli argini, ha decotto i margini. E’ uscita dal salotto e se ne è scesa in strada a prendere a calci la Nike di Samostracia, la Venus di Milo, la Psiche di Narciso.
Futurismo, dadaismo, surrealismo, hanno sancito la morte dell’Artista Professionista & Specialista e hanno definitivamente aperto le porte alla sperimentazione allargata, alla rivoluzione della percezione, alla rivelazione secondo cui oggigiorno ognuno ha diritto di poetare, pittare, incasinare quanto gli pare senza passare gli esami. Senza transitare per un’accademia. Senza particolari viatici. Privilegiando concetto rispetto al manufatto. Imponendo l’immateriale, l’individuale che si scioglie nel progetto generale.
Ma, alla fin fine, l’Inevitabile Mercificazione ha svolto il suo sporco lavoro di selezione lasciando fuori gli indesiderabili, tutto il coacervo ircocervo di dilettanti, di gitanti, di semplici turisti e banali turnisti dell’antimuseo.
Questo ha creato qualche sgomento, qualche piccolo fraintendimento, qualche sbarellamento. C’è chi ha gridato al tradimento. Ma ormani la frittata era fatta. Le Collezioni Private, i Mausolei in coma, i Moma, si sono riempiti di opere nate come dissacrazione dell’icona, come effrazione dei codici, come negazione assoluta, riconvertite in feticci da super speculazione. Opere che, uscite dalla finestra per decisione autonoma, rientravano dal portone principale in pompa magna. Come capolavori.
Poi sopraggiunsero le neoavanguardie. Hai voglia a parlare di Fluxus, di Sezione Caraibica dell’Internazionale Situazionista, di Sub Comandante Marcos, di Plagiarismo, di Neoismo, di guerriglia mediatica, di Monty Cantsin, di Luther Blissett.
Esatto, Luther Blissett, il personaggio-metodologia, la singolarità multipla, il nome collettivo che chiunque fino al 2000 era libero di adottare senza chiedere il permesso a chicchessia. Hai voglia.
Prima di lui, Luther & chompagneria bella c’erano però loro: i Ramones. I Finti Fratellini. C’erano loro con un’identità partecipata, dilagata, condivisa. Abilmente sabotata. Infatti, dovete sapere che chiunque venisse cooptato veniva ribattezzato come señor Ramone. Secondo una logica di scombussolamento della carta d’identità, del passaporto e della deprecabile abitudine a coltivare il proprio orto personale.
Creare confusione tra gli Ii, annullare l’ego è un metodo efficace per spernacchiare chi è incline all’autocompiacimento, per stoppare chi coltiva il culto della personalità, per impedire ai profittatori di innalzare il piedistallo e valorizzare l’Apollo di giornata. E’ una implicita incitazione a tirargli il collo, all’Apollo.
Tu, voi, io, todos somos Ramones. Basta volerlo. Basta sentirlo. Essere icona aperta, mescolarsi, entrare e uscire a piacimento, in incognito da uno stesso abito.
Fondare una comunità di continuità, di contiguità, di complicità. Tattarattatà.
Più informazioni: www.ramonestory.it».
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