Un bene d’arte affinché risulti un buon investimento – e associ le caratteristiche di rendimento a quelle di dividendo estetico – deve essere identificato con precisione e collocato nel suo ambito storico/artistico.
Le origini. Il 1735 è una data importante per il mercato dei beni artistici e per chi vi investe: in quell’anno l’Inghilterra promulgò la prima legge sul diritto d’autore, creando lo spartiacque tra ciò che era vero e aveva un valore, e ciò che non lo era, e quindi ne era privo. Con questo atto si inizò a parlare di falsificazione, distinguendola quindi dall’imitazione, e i falsari divennero soggetti a una pena effettiva, mentre fino ad allora rischiavano soltanto una condanna morale. Già nel XV secolo apparvero i primi falsi; alla corte napoletana di Roberto d’Angiò il pittore Colantonio fu maestro nell’imitare o falsificare i coevi fiamminghi così come in quello successivo Terenzio d’Urbino fu abilissimo nel farlo con le opere di Raffaello Sanzio e lo scultore dal Cavino dello il Padovano con le monete antiche. L’entità del danno era tale che dal XVII secolo molti artisti iniziarono a compilare liste minute delle loro opere – a volte corredate da disegni originali – per tutelare se stessi e gli acquirenti, preservandone così l’autenticità e il valore: tra questi Claude Lorrain, Marco Antonio Tavella, Elisabetta Sirani.
La terminologia. Il fenomeno è comunque continuato ed è presente ancora oggi. Per limitare questo rischio, gli operatori del mercato dell’arte hanno predisposto una specifica terminologia, utile a evidenziare il grado di sicurezza che si ha nell’indicare l’autenticità del bene artistico e che è essenziale conoscere se s’intende investire in un oggetto d’arte. Va comunque tenuto presente che nel giudizio di falso è vitale la prova del dolo, cioè dell’animus che presiede alla produzione e allo smercio dell’oggetto. Prima di giudicare falsi i beni d’arte, è importante conoscere le diverse tipologie riguardo alla loro rarità e che, di conseguenza, determinano il loro valore, attuale e futuro.
Autentico. Autentico è un bene d’arte o un oggetto di antiquariato che è in tutte le sue parti dell’epoca o del maestro – pittore, scultore, ebanista, ad esempio – come indicato dallo stile ed eventualmente dal marchio, dalla firma, oppure dal punzone dell’autore.
Opera d’arte originale. Si definiscono, invece, opere d’arte originali quelle dovute all’intervento e alla mano di un artista, seppur ignoto, che l’ha replicata, a differenza della creazione detta autentica.
Attribuzione. Con attribuzione si intende che il nome dell’artista riportato di seguito è segnalato da seri indizi che lo indicano verosimilmente come l’autore e che l’opera è stata realizzata nell’epoca di produzione dell’autore.
Firma o marchio. La dicitura «firma di» o «marchio di» (a meno che non sia accompagnata da una esplicita riserva sull’autenticità dei medesimi indizi) vuole significare che l’opera o l’oggetto che li riportano sono effettivamente stati realizzati dall’artista citato.
Bottega. L’uso del termine «bottega di» seguito dal nome di un artista indica che l’opera è stata eseguita nello studio o nel laboratorio del maestro o sotto la sua direzione. Deve però anche esserci l’indicazione dell’epoca, nel caso in cui la bottega abbia conservato lo stesso nome, e abbia continuato a produrre attraverso più generazioni; i Maggiolini per i mobili e i Bassano per i dipinti ne sono esempi.
Di scuola. Quando, invece, un’opera sia stata eseguita da un autore che è stato allievo del maestro o ne abbia subito l’influenza o ne ha imparato la tecnica si definisce «di scuola». La definizione è utilizzabile solo se l’opera è stata realizzata al tempo del maestro o entro 50 anni dalla sua morte.
Multipli e altro. Vi sono poi i multipli, i falsi d’autore, i preziosi da collezione, le emissioni ufficiali: beni di consumo o beni reali? Secondo la legge di Baumol (vedi oltre) rientrano nella prima categoria; hanno, quindi, le caratteristiche di un acquisto e non di un investimento, utili comunque ad arredare poiché hanno soddisfatto il gusto estetico dell’acquirente.
Nella nozione di «non autenticità» va comunque ricompresa l’assenza di corrispondenza tra il bene effettivamente trasferito e quello oggetto della compravendita, sia sotto il profilo della paternità sia dell’attribuzione della stessa. Quindi l’acquirente può rivalersi sul venditore anche nei seguenti casi: paternità dell’autore diversa rispetto a quella risultante dall’opera o dalla certificazione rilasciata; opera la cui attribuzione data per certa risulti invece dubbia o controversa; opera falsa.
L’economista (la valutazione della convenienza). «Gli oggetti di antiquariato e le opere d’arte si caratterizzano, in genere, per essere stati prodotti con metodi artigianali che ubbidiscono alla cosiddetta legge di Baumol secondo la quale i servizi e i beni espressione della produzione artistica sono vincolati da limitazioni strutturali all’aumneto della produttività: il loro valore relativo tende così a crescere» – sottolinea Stefano Stanzani, responsabile del Laboratorio sul Commercio dei Beni d’Arte di Nomisma. «Storicamente gli investitori guardano a investimenti alternativi a quelli finanziari nei periodi di debolezza delle Borse, cui normalmente corrisponde un rialzo dei prezzi dei beni reali» – spiega Stanzani. Dal 1992 al 1994 la curva dei prezzi medi della’arte ha leggermente ripiegato a causa della forte componente speculativa concentratasi soprattutto sulle opere degli Impressionisti; poi i prezzi medi hanno ripreso a salire con tendenza quasi costante, tranne aggiustamenti fisiologici (1996/1997) e 2001/2002). «A causa delle debolezze economiche, oggi è conveniente l’investimento in beni reali, ancor più se è confezionato con innovazione finanziaria senza vincoli di expertise e di diversificazione tipici del settore. Credo che il momento sia proficuo per la nascita di fondi di investimento in arte – continua Stanzani: il lento rialzo dei prezzi si associa al crescente bisogno di sicurezza dei risparmiatori».
Il mercante (rivolgersi a operatori qualificati). Come evitare di pagare una copia quanto l’opera autentica? «E’ bene rivolgersi o a un mercante qualificato – suggerisce Carlo Carnevali, presidente dell’Artservice, società per l’art advisory degli antiquari italiani – che risponderà per ciò che ha venduto o a un buon servizio di art advisory. Così si evita di fare scelte errate, acquistando opere che poi risultano copie, falsi o multipli senza valore». «Ad esempio una persona aveva acquistato un dipinto di Tiziano accompagnato da una perizia che parlava solo della vita e delle opere dell’artista – continua Carnevali -. Così si è ritrovato in mano un attestato inutile ed un dipinto di scarso valore. Vi sono stati casi clamorosi di falsificazioni di dipinti che oggi possono essere acquistati solo dopo attento esame (ricordiamo il caso delle opere di Michele Cascella, ndr). Attenzione anche alle icone: solo gli specialisti sono in grado di riconoscere e quindi di garantire epoca e autenticità. Si pensi poi che gli argenti punzonati a volte lo sono con marchi fatti appositamente o che Giorgio De Chirico retrodatava i propri dipinti sapendo dell’apprezzamento per le sue opere giovanili». «Il piccolo collezionista – rilevava l’ex presidente della Consob Guido Rossi – è meno tutelato del piccolo azionista» e auspicava che il certificato di autenticità venisse redatto in analogia al prospetto informativo che vincola le società che si appellano al pubblico risparmio: oggi sembra che il mercato si stia muovendo in questa direzione.
Il legale (le sanzioni e la tutela). Ma come ci si difende dall’acquisto inconsapevole di un falso d’arte? «Sotto il profilo penale, una normativa sulla contraffazione di opere d’arte è stata introdotta con la legge 1062/1971 – spiega Tiziana Tampieri, avvocato e docente a Bologna di Circolazione di beni culturali nel diritto internazionale – oggi la disciplina è confluita nel Codice dei Beni culturali e del paesaggio. L’articolo 178 del Codice punisce con la reclusione da tre mesi a quattro anni e con la multa da 103 a 3.099 euro chiunque al fine di trarre profitto falsifica, altera o riproduce un’opera di pittura, scultura o grafica, un oggetto di antichità o di interesse storico e archeologico, nonché chiunque pone in circolazione come autentici esemplari contraffatti, alterati o riprodotti. Stessa pena anche per chi, conoscendone la falsità, autentica o accredita tali esemplari. Altre sanzioni sono previste dalla legge sul diritto d’autore e dal Codice penale». E il recupero dei soldi mal spesi? «Sotto il profilo civilistico si considerano le modalità in cui si è formata la volontà dei contraenti. La consegna di un’opera attribuita a un autore diverso da quello dichiarato nel contratto di compravendita, se inquadrata nell’ipotesi della vendita di aliud pro alio (il bene venduto appartiene a un genere del tutto diverso da quello del bene consegnato, ad esmepio una copia al posto di una replica, ndr) può avere come effetto la risoluzione del contratto, con conseguente restituzione del bene contro rimborso del prezzo pagato. Il termine di prescrizione è decennale».
Giancarlo Graziani, Affari privati – Il Sole 24 Ore
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